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Plusvalenza immobiliare

Elevata al 20 percento la tassazione sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari per i contratti stipulati a decorrere dal 3 ottobre 2006 per effetto delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 4 del decreto legge3 ottobre 2006, n. 262.

La legge  finanziaria 2006, ha introdotto, con riguardo alle plusvalenze immobiliari di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b) del testo unico delle imposte sui redditi, la facoltà per il cedente di richiedere al notaio rogante, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 12,50 per cento.

Tale percentuale è elevata al 20 per cento per i contratti stipulati a decorrere dal 3 ottobre 2006 per effetto delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 4 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262.

La disposizione, che riguarda le cessioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006, si riferisce alle plusvalenze realizzate nelle seguenti ipotesi:

• cessioni a titolo oneroso di beni immobili (fabbricati e terreni agricoli) acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Si fa presente che, per effetto delle modifiche apportate dall’art.37, comma 38, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, alla lettera b) dell’art. 67, comma 1, del TUIR, a decorrere dal 4 luglio 2006, fra le elencate cessioni sono comprese anche quelle a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, precedentemente escluse. In tal caso il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante. Sono escluse le cessioni di immobili
acquisiti per successione e quelle di unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari;
•  cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, comunque acquisiti e a prescindere dalla durata del possesso. Si precisa che per effetto delle modifiche apportate dal comma310 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) al citato comma 496 della legge finanziaria 2006, a decorrere dal 1° gennaio 2007 è esclusa l’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze derivanti dalle predette cessioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.

La tassazione sostitutiva comunque non si applica alle plusvalenze sopradescritte se le stesse, ai sensi del citato art. 67, comma 1, costituiscono redditi di capitale ovvero se sono conseguite:

  • nell’esercizio di arti o professioni;
  • nell’esercizio di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice;
  • in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

 

Il citato comma 496 della legge finanziaria prevede, altresì, che il notaio, ricevuta espressa richiesta da parte del cedente, applichi sulla plusvalenza l’imposta sostitutiva e provveda al versamento della stessa, ricevendo la provvista dal venditore.
Il notaio, inoltre, è tenuto, ai sensi della medesima norma, a comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi a dette cessioni.

Niente plusvalenza se c'è l'usufrutto
Non è tassabile come "reddito diverso" la plusvalenza realizzata mediante la vendita, prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, della piena proprietà di un'abitazione che sia stata adibita a dimora di un usufruttuario, poi deceduto.
Lo afferma l'agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 218/E del 30 maggio 2008. L'articolo 67 del Dpr 917/1986 dispone che costituiscono redditi diversi, e quindi sono tassabili ai fini Irpef, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, fatta eccezione per l'ipotesi in cui si tratti di unità immobiliari che «per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari». Nel caso analizzato dall'agenzia delle Entrate, due coniugi avevano acquistato la nuda proprietà di un appartamento, con l'usufrutto a favore della sorella di uno di essi; il decesso di costei aveva poi provocato la riunione del diritto di usufrutto con il diritto di proprietà. Così, divenuti pieni proprietari, i due coniugi si sono alla fine determinati a vendere l'appartamento, ma appunto prima del decorso di un quinquennio dalla data del loro acquisto. L'usufruttuaria aveva effettivamente abitato nell'appartamento in questione (come comprovato ad esempio dall'intestazione delle utenze), ma non vi aveva trasferito formalmente la propria residenza, se non per un periodo limitato. L'Agenzia, nel riconoscere la non tassabilità della plusvalenza in questione, ricorda che:
- per «familiare» devono intendersi (ai sensi dell'articolo 5 ultimo comma del Tuir) il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado: nel caso in esame l'usufruttuaria era un parente in linea collaterale di secondo grado di uno dei coniugi nudi proprietari e un affine della stessa linea e dello stesso grado per l'altro coniuge; - per «abitazione principale» si intende quella in cui è stata fissata la «dimora abituale». La dimora abituale spesso coincide con la residenza anagrafica, ma questa coincidenza non è imprescindibile: in quest'ultimo caso, secondo l'Agenzia, è ammesso dimostrare che si è destinata ad abitazione una data unità immobiliare mediante qualsiasi indice probante in tal senso, come ad esempio l'intestazione delle utenze e l'intestazione della corrispondenza e altri analoghi oggettivi "segnali" di presenza abitativa. Se, nel caso esaminato, la plusvalenza fosse stata invece tassabile (ad esempio, per la mancata destinazione dell'immobile ad abitazione del proprietario o di un familiare), essa sarebbe stata determinata, secondo l'agenzia delle Entrate, dalla differenza tra il corrispettivo percepito per la cessione dell'immobile e il prezzo da questi pagato per l'acquisto della nuda proprietà.

 

 

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